Oggetto:




Trento, 12 gennaio 2012



Cari Amici, buon 2012!



“Una buona notizia, fresca fresca… Nasce modesta e senza pretese, ma sembra animata a fare però sul serio quel poco che farà. Auguro sia scintilla di maggiori incendi”.

Ho preso a prestito queste due frasi di don Lorenzo Guetti, scritte all’indomani della nascita della prima società cooperativa e della prima cassa rurale del Trentino, rispettivamente nel 1890 e nel 1892. Sappiamo poi come sia andata a finire con queste scintille…

E le ho prese a prestito perché la “buona notizia fresca fresca” di oggi è relativa alla costituzione, che avverrà alle 18.30 presso il Centro per la Pace di Via Vicenza a Rovereto (un luogo a mio avviso di grande valenza simbolica in una città chiamata a portare avanti una grande tradizione sul tema della Pace e dei Diritti umani), del primo comitato per la presentazione di un disegno di legge di iniziativa popolare in materia di democrazia diretta.

E’ il primo, concreto risultato della nostra iniziativa avviata sul finire dello scorso anno e del lavoro di Alex Marini e di altri amici che da tempo sono impegnati su questo argomento.

Nelle scorse settimane abbiamo dato vita ad un blog, ad un forum e ad una pagina Facebook i cui indirizzi sono di seguito riportati: strumenti sicuramente utili al confronto ed al dibattito ma che non possono in alcun modo sostituire l’incontro diretto tra le persone, che ha già preso il via e che continuerà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

http://democraziadirettatrento.wordpress.com

http://democraziadiretta.forumattivo.it

http://www.facebook.com/pages/Legge-Democrazia-Diretta-in-Trentino/322126297812079

L’invito per oggi è un po’ tardivo, è vero, e pertanto mi scuso. Ma il gruppo promotore non sarà un gruppo chiuso, bensì aperto all’ingresso ed all’apporto di idee da parte di tutti! Pertanto, anche chi non potrà partecipare oggi si potrà aggregare in ogni momento successivo.

Per illustrare il mio personale punto di vista su questo argomento, che mi ha spinto ad avviare il nuovo percorso che auspico fruttuoso per il bene della nostra Comunità, ho scritto alcune riflessioni che immagino solo i “coraggiosi” si spingeranno a leggere fino in fondo.

A tutti voi, ancora un buon 2012 nel segno della maggiore partecipazione e della maggiore democrazia, in Trentino ed in Italia!


Roberto



Più partecipazione, più democrazia: alcune riflessioni



“Cittadino, un passo avanti!”

La crisi che stiamo attraversando è, forse per la prima volta nella storia, una crisi “strutturale” che denuncia modi di vivere e di consumare le risorse del nostro Pianeta che vanno aldilà delle potenzialità di carico e di rinnovamento della Terra. E’ una crisi che mette in evidenza lo strapotere dei mercati finanziari che, nell’interesse di pochi, possono in un attimo distruggere la ricchezza di una famiglia così come l’economia di uno Stato sovrano. Ma è pure una crisi di valori, che segnala un sistema di potere che, quando va bene, viene definito “democratico” ma che ad osservare con attenzione, anche a livello locale non ha propriamente a che vedere con quella che dovrebbe essere la vera “Democrazia”.

Oggi dunque, più che mai prima d’ora, occorre una piena assunzione di responsabilità da parte di ciascuno per cambiare le regole del gioco. Occorre più senso di responsabilità, più partecipazione, una visione più “comunitaria” e meno materialistica del nostro futuro.

Quando si parla di democrazia si cade spesso in semplificazioni o stereotipi. “Più democrazia”, per molte persone, significa semplicemente declamare alcuni principi, ma senza una reale convinzione e senza una consapevole partecipazione alle sue regole. Se infatti, da un lato, più democrazia significa (anche) una gestione del “potere” più distribuita, dall’altro lato questo processo necessita di una crescita culturale e personale del cittadino, un’assunzione diretta di impegni e di responsabilità. Un passo avanti, appunto! Spesso nei ragionamenti attorno alla democrazia prevalgono discorsi ipocriti, per cui c’è sempre qualcuno che sbaglia, c’è sempre qualche disonesto, c’è sempre qualcuno che non lascia il posto ad altri…. Tutto vero! Ma spesso il regime di sudditanza nel quale sono relegati i cittadini per tutta o per gran parte della loro vita è anche un regime che a molti sta veramente comodo: siano gli altri a scegliere, siano gli altri a decidere, siano gli altri a sporcarsi le mani, poi io deciderò, dall’alto del mio voto… Beh, un po’ è così. Ma il passaggio dal ruolo di suddito a quello di cittadino implica una critica in meno ed un moto di partecipazione in più.

Perché dunque una nuova proposta di legge per una maggiore partecipazione popolare alla gestione della “cosa pubblica” ed al perseguimento dell’obiettivo più nobile della politica, ovvero il “bene comune”, attraverso forme e strumenti di democrazia diretta e o partecipata?

In primis perché si vuole manifestare fiducia nei cittadini della nostra provincia. Una terra piccolissima tra i monti, un nonnulla di fronte ai 7 miliardi di cittadini del Pianeta ed ai milioni di ettari di superfici emerse. Però con la sua storia millenaria, una geografia di confine e di ponte tra lingue e culture, le prerogative del sistema autonomistico il Trentino ha la dimensione ottimale per sviluppare un nuovo modo di rapportarsi tra cittadini, tra cittadini e istituzioni, tra cittadini e territorio. Le iniziative portate avanti nel corso degli ultimi anni in provincia di Bolzano dai comitati civici sono state un esempio illuminante e positivo. Così come illumina per concretezza e lungimiranza l’esempio fornito dalla Confederazione Elvetica, nella cui costituzione spicca il richiamo alla partecipazione dei cittadini e nella cui storia secolare la cittadinanza ha sempre avuto un ruolo di rilievo. Sono questi esempi, alpini ed europei, a costituire una stella polare per una nuova iniziativa anche a livello trentino.

E’ di tutta evidenza, ormai, che il “sistema dei partiti” in Trentino come nel resto d’Italia ha fatto il suo tempo, così come sono da evitare in futuro forme di gestione del potere di tipo principesco o di stampo neo-medievale, con una gerarchia di vassalli al servizio esclusivo del potente di turno. I partiti hanno un ruolo riconosciuto dalla Costituzione, ma essi si sono assunti nel tempo (o ad essi è stato affidato dai cittadini in modo più o meno consapevole) un compito eccessivo, che è andato aldilà dei loro ruoli di rappresentanza. La democrazia si è dunque evoluta progressivamente in un’oligarchia, o meglio in una partitocrazia governata da poche persone, nell’ambito della quale le scelte politiche, anziché essere assunte in forma partecipata ed in “nome e per conto” dei cittadini hanno visto il prevalere di personalismi o di cordate di sodali. Vertici politici che hanno spesso premiato i più “ubbidienti” ed hanno relegato ai margini coloro che hanno osato esporre pubblicamente il loro dissenso od il loro pensiero non conforme. Una democrazia, a mio modesto avviso, è però tale solo quando è realmente esercitata con la massima partecipazione popolare fin dall’ambito delle decisioni e delle responsabilità più semplici. I partiti, basati al loro interno su rapporti di forza ottocenteschi e spesso violenti, sulla conta delle tessere, sugli scambi di favori, sul gioco dietro le quinte, sui compromessi, sono passati da un ruolo di sussidiarietà ad un ruolo di egemonia del potere. Il tutto, peraltro, con il beneplacito della maggioranza dei cittadini, che un sistema mediatico e pubblicitario ben orchestrato ha imbonito al punto da renderli “consumatori”, anche in campo politico, prima ancora che soggetti responsabili. Così le decisioni vengono assunte da una maggioranza od artificialmente “in nome e per conto” di una maggioranza che rappresenta certamente il “vox populi”, ma che spesso, nella sua inerzia di “massa”, accondiscende passivamente - per paura o per convenienza - alle scelte di coloro (o di colui) che momentaneamente sono (od è) i più forti (od il più forte). Un sistema sano è invece quello in cui il cittadino è correttamente informato, sia dalle istituzioni, sia attraverso i media che non a caso vengono definiti un “potere” (ma che spesso assecondano il potente di turno invece che porsi dalla parte del più debole), ma in cui è lo stesso cittadino a farsi avanti, a chiedere informazioni, ad impegnarsi direttamente sia a livello personale, sia nell’ambito delle varie organizzazioni della società civile (terzo settore, associazioni, sindacati, comitati civici). Su quest’ultimo piano, il nostro Paese è purtroppo molto debole. Questione culturale, sicuramente. Questione di limiti di coscienza civile e di quell’educazione civica che da noi non è mai stata insegnata a dovere. E se non si investe sull’educazione civica dei giovani, le conseguenze si pagano nei decenni successivi.

Eppure, se adeguatamente informata e coinvolta la popolazione sa rispondere in modo sorprendente, molto di più dei partiti, come hanno dimostrato i referendum sull’acqua bene comune e sull’energia nucleare. Nonostante il disinteresse della maggior parte dei partiti, soprattutto di quelli maggiori, i cittadini e le organizzazioni della società civile partendo dal basso ed anche con l’aiuto delle moderne tecnologie hanno saputo esprimersi con una forza considerevole, che stupisce ed induce all’ottimismo.

Pochi partiti, nel corso degli anni, hanno dimostrato di voler andare nella direzione di un cambiamento. La politica italiana offre oggi uno scenario spaventoso, frutto di un ventennio berlusconiano che ha prodotto le macerie di una guerra. Partiti-persona, difese corporative, la morte della meritocrazia evidenziata da un nutrito numero di servi incompetenti ai posti di comando. Del resto che cosa d’altro avrebbe potuto produrre il “porcellum”? Una legge elettorale nazionale che ha creato un parlamento di nominati dalle oligarchie dei partiti, togliendo ai cittadini il diritto elettorale più elementare, cioè quello di poter incidere sulla scelta dei rappresentanti presso la Camera ed il Senato. Ma negli anni di reggenza di questa legge scellerata un po’ tutti i partiti si sono trastullati, lasciando ai cittadini poche speranze.

Senz’altro alcune scelte del Partito Democratico – le elezioni “primarie” diffuse in modo sistematico per la scelta di ogni candidato per ruoli di vertice, così come la trasparenza nell’accesso ai posti pubblici, nei quali dovrebbero prevalere principi di competenza, merito, trasparenza ed onestà – offrono elementi di ottimismo. Ma questo genere di partito è ancora troppo ancorato al sistema di governo “dei pochi”, alle tessere ed ai giochi di potere, soprattutto a livello nazionale. Un po’ più vicina ai movimenti ed ai cittadini sembra essere l’attività di “Sinistra Ecologia e Libertà”, mentre decisamente più innovativo e più vicino ad un moderno concetto di partecipazione democratica appare il percorso intrapreso dagli “Ecologisti e Civici”, anche se in questo caso sarà necessario capire effettivamente quali saranno i risultati al termine del processo costitutivo. Molto attiva sul fronte della trasparenza (e non solo) è pure l’Italia dei Valori, peraltro ancora un po’ troppo legata alle vicende del proprio fondatore. Vi sono poi forme nuove di aggregazione politica, penso al “Movimento 5 stelle” o al “Partito pirata”, che con la loro forza innovativa, unita all’impiego delle moderne tecnologie stanno scardinando il sistema attuale, ancora troppo stantìo ed insensibile ai cambiamenti radicali. In giro si vedono pochi altri esempi virtuosi. Osservando quanto succede a destra ed al centro, ad esempio, quasi nulla di nuovo appare all’orizzonte: sempre piccole oligarchie che controllano “partiti-azienda”, “partiti-persona”, forse anche perché l’elettore di centrodestra ama più di quello di centrosinistra coloro che “comandano” con metodi autoritari.

Di fronte a cittadini demotivati o disinteressati vi sono dunque due opzioni: lasciare tutto com’è, adeguandosi alla situazione cercando di sfruttarla a proprio favore, con sano opportunismo italico; oppure cercare di informare, educare, motivare, coinvolgere, convincere. Un lavoro indubbiamente molto più faticoso, lungo, con risultati incerti spesso non all’altezza delle aspettative e dell’impegno profuso. Insomma, da una parte la discesa, dall’altra la salita. E, si sa, che gli uomini ed i buoi si misurano sulle salite, come dicevano i nostri vecchi.

Sarà illusorio pensarla così, però io vorrei vivere in un sistema nel quale i partiti possono certamente continuare ad esistere ma ad essi non è affidata la gestione di tutto il potere; svolgono bensì un ruolo sussidiario, interagendo “alla pari” con le altre organizzazioni sociali. In un sistema nel quale realmente tutti i cittadini, se lo vogliono, possono avere l’opportunità di assumere consapevolmente responsabilità concrete nelle scelte di governo della cosa pubblica. In un sistema nel quale non si stacca la spina tra elettori ed eletti all’indomani delle elezioni. La situazione attuale vede infatti la personalizzazione della politica da parte degli eletti ed in particolare da parte dei membri dell’esecutivo e rafforza in questo modo la diffusione di un sistema di rapporto di tipo clientelare. Come è stato sottolineato da un profondo conoscitore della realtà trentina, “manca un quadro regionale e provinciale che ricomprenda e dia voce ai vari soggetti sociali e che, in sede istituzionale, sia interfaccia sociale-politica con i rappresentanti eletti”.

Eppure io credo proprio in questo, in un “potere popolare”, ovvero in una partecipazione attiva della società civile al fianco delle istituzioni. Le quali debbono essere leggere, poco costose ed al servizio dei cittadini. Oggi è quasi ovunque il contrario! Le istituzioni sono giganti, spesso autoreferenziali, con macchine burocratiche imponenti e farraginose che impegnano gran parte delle risorse umane ed economiche per “incartare” loro stesse, privando la società di ingenti risorse, utili per altri scopi.

Internet e la banda larga sono e saranno sempre di più nuovi “diritti di cittadinanza”, al fianco dei cosiddetti “beni comuni” che forse non sono mai stati così poco comuni come oggi, dall’acqua all’aria pulita, dalle foreste pluviali ai ghiacciai polari. Ma grazie alle nuove tecnologie si può forse aprire un modo nuovo di rapportarsi tra cittadini ed istituzioni. Però assistiamo silenziosi al fatto che l’ente pubblico investe decine e decine di milioni di euro per le infrastrutture informatiche e dedica solo le briciole per educare e formare i cittadini all’uso delle moderne tecnologie. Anche qui si sconta la subalternità della cittadinanza: da una parte non viene educata e coinvolta nelle scelte, dall’altra non fa sentire, nemmeno a livello spontaneo, la propria voce. Ed i media, anziché fare opinione pubblica su questo argomento, anche qui stanno a guardare…

Il 2012 è pure l’Anno internazionale delle cooperative. Personalmente amo molto il modello cooperativo, quello del principio “una testa un voto”, quello del motto “l’unione fa la forza”. Credo però che anche il modello cooperativo necessiti di una mano di vernice. Servono cooperatori nuovi per buone cooperative, allo stesso modo in cui servono cittadini nuovi per buone istituzioni. Penso che il modello cooperativo sia culturalmente e concettualmente superiore, soprattutto quando al centro della gestione vi sia un “bene pubblico o comune”.

In un’epoca di liberismo imperante, di individualismo e di consumismo sfrenati è necessario rifondare il significato di “pubblico”, riportando sotto il controllo gestionale della collettività, rappresentata da rinnovate istituzioni ampiamente partecipate, taluni beni e servizi necessari per garantire qualità della vita e dignità di cittadinanza a tutti, a prescindere dal luogo di nascita e di residenza, dalla religione, dal colore della pelle. Parole rivoluzionarie? No, stanno scritte più o meno così nella Costituzione redatta al termine di una sanguinosa guerra civile.

Ritengo che il verbo “condividere” sia il verbo del futuro: siamo in viaggio su un’astronave nello spazio, siamo fatti della stessa polvere delle stelle, siamo qui non per distruggere ma per tramandare. Non c’è futuro se qualcuno non farà un passo indietro – le società più opulente, i cittadini più avvantaggiati, i “potenti”, le istituzioni più farraginose – e se qualcuno non farà un passo avanti: i cittadini, in particolare i giovani che hanno il diritto-dovere di protestare e di innescare le rivoluzioni, allo stesso modo dei poveri ai quali il diritto di riscatto compete già a partire dalla vita terrena.

Ha critto Umberto Maturana: “Una democrazia è un’opera d’arte che si crea quotidianamente. Non è un modo di essere statico. E’ qualcosa che si configura di giorno in giorno nel convivere. Si basa sul mutuo rispetto.”

Negli antichi statuti delle comunità trentine di montagna emergeva un ampio senso di appartenenza e di partecipazione ai destini di tutti. Anche per questo le decisioni si assumevano in “pubblica regola”, nella piazza centrale del paese o davanti alla chiesa. Anche per questo a ciascun cittadino spettavano, concretamente, diritti ma anche doveri. Anche per questo ciascuno poteva assumere ruoli di responsabilità nei confronti di tutti, nell’ambito di regole ben precise e condivise.

In una società nella quale vi è la piena consapevolezza che tutti sono importanti e necessari e che ciascuno può mettere a disposizione i propri “talenti” si potrebbero legittimamente sperimentare, anche in aggiunta ai tradizionali sistemi di gestione istituzionale, forme di rappresentanza “a sorteggio”: se il campione è rappresentativo, i cittadini sono onesti e sanno quale sia la loro funzione e la loro missione, un “parlamento” (o un organo consultivo) di sorteggiati può ben valere tanto quanto o forse più di un parlamento di eletti con sistemi imperfetti nei quali vota solo la metà degli aventi diritto (senza contare perché e come sono stati messi in lista i candidati, che cosa hanno fatto, quali sono i loro rapporti con le diverse lobbies eccetera). Quello sorteggiato è anche un parlamento od un organismo più rappresentativo della società civile: con le donne in misura pari agli uomini senza necessità di “quote di genere”, con una rappresentanza certa dei giovani ma anche degli anziani, così come delle occupazioni lavorative e dei territori. E’ anzi più probabile avere un parlamento di persone realmente interessate al “bene comune” e non agli interessi del proprio partito od alla propria carriera politica. Infatti un’altra clausola forte per evitare le derive degli attuali sistemi democratici è quella del cosiddetto “limite dei mandati”. Quando un “eletto” ha svolto per alcuni mandati (pari a dieci, quindici anni) una funzione - e l’ha svolta con passione, partecipazione ed impegno – può ben lasciare il posto ad un altro e dedicarsi alla società in maniera diversa, eventualmente (se eletto) all’interno di un’altra istituzione o preferibilmente nell’ambito della cosiddetta “società civile”, nelle associazioni, nel volontariato, nella cooperazione.

C’è poi il grande tema dei “costi della politica”, che sono una cosa un po’ diversa dai “costi della democrazia” anche se spesso i due termini vengono confusi. Negli ultimi anni, grazie anche al costante sollecito dal basso, si è invertita la rotta ed almeno nella nostra regione si sono eliminati i vitalizi, si sono ridotte le indennità e sono stati limitati alcuni “privilegi”. Ma molto resta ancora da fare. A quanto dovrebbe ammontare la corretta retribuzione per un’attività politica? Ognuno può avere una propria valutazione. A politici che lavorano bene è giusto dare un compenso elevato. Viceversa… Ed allora? Allora forse sarebbe meglio attenersi ad una media delle retribuzioni europee, pur in presenza di quadri operativi in parte diversi (ad esempio, un consigliere regionale del Tirolo può continuare a lavorare durante il mandato elettivo, mentre un consigliere regionale di Trento deve lasciare tutte le occupazioni e le attività precedenti all’elezione). O forse sarebbe bene lasciare ai cittadini la possibilità di esprimere una valutazione all’atto delle elezioni. Non si deve temere di ricorrere più frequentemente, a tutti i livelli, all’ascolto dei cittadini. L’istituto referendario va rilanciato, potenziato, modificato. Ad iniziare dall’abolizione del quorum, ovunque.

Una terra di 520 mila persone si può permettere una Provincia (e una Regione), 16 Comunità di Valle, 217 Comuni (ed alcune Circoscrizioni)? Sì, se queste sono “leggere”, costano poco ed avvicinano i cittadini alle istituzioni. Perché in ogni caso l’ampia distribuzione territoriale delle istituzioni dovrebbe e potrebbe consentire un rapporto più stretto ed efficace tra elettori ed eletti, tra rappresentanti dei cittadini e territorio. Ma basterebbe una rapida indagine tra i consiglieri di minoranza (dove ci sono) di un qualunque Comune o di una qualunque Comunità di valle per capire che non va proprio così. Basterebbe assistere ai lavori di un consiglio comunale, normalmente disertato dalla cittadinanza, per capire che in realtà c’è molto da fare per recuperare il rapporto tra chi è stato eletto e la “base”. Bisognerebbe quindi riportare l’impegno politico-amministrativo, in particolare nei piccoli e piccolissimi comuni e nelle circoscrizioni cittadine, ad un livello prevalentemente volontaristico, di impegno civico “pro tempore” per la comunità locale (riconoscendo, al limite, un’indennità solo ai sindaci ed ai presidenti, considerate le maggiori responsabilità assunte). Così com’è stato per secoli. E così com’è tutt’ora per alcune attività, penso ad esempio alla guida di un corpo dei vigili del fuoco, di una stazione di soccorso alpino, di un’associazione culturale significativa. Che differenza d’impegno e di responsabilità esiste tra le tre cariche sopra menzionate e quella di un assessore o di consigliere comunale o circoscrizionale? Eppure i primi tre svolgono la loro funzione a favore della comunità in qualità di volontari…

Gli strumenti della cosiddetta “democrazia diretta” sono diversi, variabili, in parte complessi.

Dai vari tipi di referendum – che con le nuove tecnologie possono diventare forme rapide e meno costose di consultazione – ai limiti di mandato, dalla rotazione delle cariche al sorteggio dei rappresentanti, dalla revoca degli eletti alla conferma delle leggi…. Ci sono poi modalità nuove, ma che trovano esempi straordinari in passato in particolare tra società e tra culture oggi definite “indigene” e “minori”. E poi i cosiddetti “confronti creativi” e gli “open space technology”, attraverso i quali possono emergere idee migliori di quelle che ci potrebbero venire “imposte” dagli eletti in nostro nome. Ogni testa un voto, ogni testa un’idea…. Come diceva un mio anziano amico, “un pastore ed un ingegnere hanno più creatività di due ingegneri”! Eppure si pensa ancora, sbagliando clamorosamente secondo me, che qualche riunione in più possa “far perdere tempo”. Efficienza, velocità, decisione! E’ questo il mantra.

Questo mantra ha portato in Trentino ad una legge elettorale provinciale, nel 2003, che proprio per dare “efficienza e decisioni rapide” rispetto all’epoca precedente ha proposto un modello di governo della Provincia abbastanza lontano dalla democrazia partecipata e dalla tradizione popolare del Trentino. Si è aperta così una voragine tra il Consiglio e la giunta provinciale, dove il primo ha perso di ruolo ed è diventato subalterno al governo. Ed un baratro ancora più grande è quello che è stato scavato tra il presidente della Provincia e la giunta: forse senza volerlo, il legislatore provinciale del 2003 ha affidato al presidente un ruolo quasi “regale”, che la persona di turno ha interpretato alla perfezione. “Noi, il Re!” Così si esprimevano alcuni sovrani medievali nei loro editti. Ebbene, appaiono delle similitudini tra questa espressione e quella ricorrente nelle parole del presidente della nostra Provincia: “Gli elettori hanno votato me!” Già, al presidente sono stati affidati dalla legge dei poteri personali rilevanti. Con le sue scelte può determinare quasi una sorta di “giudizio di vita e di morte” (politica) sugli assessori, sui consiglieri, sulle forze che lo sostengono. Un rapporto che è estraneo alla cultura alpina del Trentino e dal quale a mio modesto parere dobbiamo uscire al più presto. Le decisioni sono molto spesso calate dall’alto, soprattutto quelle più importanti, con discussioni che sono più di forma che di sostanza. Protette da uno stuolo di soggetti (tra i quali anche consiglieri provinciali e consiglieri personali) che per opportunità e convenienza si adattano alle circostanze. Anche nell’iter di formazione delle leggi provinciali, le cosiddette “audizioni” appaiono più un esercizio di forma che di sostanza. Poiché accade spesso che quanto apportato in termini di critica e/o di proposta non venga preso concretamente in considerazione dall’esecutivo con coerenti modifiche ai testi iniziali. Del resto, far cambiare l’idea del capo è esercizio pressoché impossibile da realizzare. E dunque, per quieto vivere, è forse meglio accettare la situazione. Tanto, con una tavola imbandita – quella della ricca e potente Autonomia – tutti hanno più o meno qualcosa da mangiare, prima o dopo…

Eppure qualche assemblea in più, l’idea in libertà di qualche “pastore”, l’ascolto di coloro che vivono direttamente “quel” problema, il coinvolgimento di persone “competenti” (già, la competenza, questa sconosciuta nella nostra democrazia) aiuterebbe in tutto l’iter successivo e probabilmente farebbe risparmiare ingentissime risorse della collettività. Risorse che, nei bilanci pubblici, potrebbero essere in parte decise proprio dalla cittadinanza appositamente riunita, come accade da diversi anni a Porto Alegre (città brasiliana ospite del Forum sociale mondiale dalla quale ha preso il via questo modello di bilancio partecipato) ed in molte altre realtà locali nel mondo.

Anche il nostro Trentino offre esempi da manuale di investimenti giganteschi attuati senza un adeguato coinvolgimento popolare (escludendo da queste riflessioni il tema della TAV Verona-Monaco, di importanza rilevantissima, ma che è stato “imposto” ai territori dall’asse Roma-Bruxelles). Prima tra tutte porrei la questione dell’inceneritore di Trento, deciso non per volontà popolare e democratica, bensì imposto in maniera molto poco popolare e democratica. Dove starebbe la democrazia in questa scelta? Forse in un referendum fatto in fretta e furia senza nemmeno che i cittadini, nella loro globalità, conoscessero i termini della partita? Eppure attorno e contro il progetto di inceneritore – che forse non si farà mai, se alla fine prevarrà il buon senso – si è svolta una manifestazione di democrazia vera e di azione nonviolenta di grande spessore. La società civile, le associazioni ed i cittadini, si sono sobbarcati il lavoro di informazione e documentazione che sarebbe spettato all’ente pubblico. E la protesta è sempre stata civile, nonviolenta secondo i canoni ben rappresentati da Aldo Capitini ed Alex Langer. Milioni dei cittadini potrebbero essere spesi meglio, ma non si torna indietro. Un altro illuminante esempio è costituito da Metroland, con la premessa che chi scrive è totalmente favorevole ad un sistema di mobilità pubblica su rotaia quale vettore in assoluto più ecologico, sostenibile (anche economicamente) e socialmente fruibile. Eppure “democrazia” vorrebbe che la scelta dei sistemi di mobilità venisse assunta attraverso modalità partecipate con le quali comprendere, in primis dalla voce degli utilizzatori (i pendolari, ad esempio), quali siano le necessità, le urgenze, i consigli. Invece no. Con procedura opposta si è deciso, dall’alto e forti di alcune righe tirate su una carta geografica (del resto la trascrizione di un “sogno” è così, o no?) che tipo di linee ferroviarie, per quali convogli, per quali utenti, con quali costi. E i cittadini? Capiranno… Del resto, si chiede ogni capo, “per che cosa sono stato eletto?” E si risponde: “Ovviamente per decidere in modo veloce ed efficiente!”

Infine, in questo rapido excursus, non si può lasciare in secondo piano la questione della “provincializzazione“ delle grandi centrali idroelettriche, poiché anche quello dell’energia è uno dei temi nei quali si intrecciano democrazia e futuro eco-compatibile. Il Trentino ha perso un’occasione straordinaria, in un momento storico, in uno dei passaggi più importanti nelle vicende della nostra autonomia, che avrebbe dovuto vedere il passaggio di proprietà delle centrali dalle multinazionali dell’energia idroelettrica ai nostri Comuni e ad una miriade di cittadini, tutti compartecipi della gestione di una risorsa pubblica, di un bene comune qual’è l’acqua. Se l’acqua è di tutti, allora con l’uso dell’acqua devono poterci guadagnare tutti, Questo avrebbe dovuto essere lo spirito autentico di un’autonomia territoriale. E invece non è andata così. Gli ingenti utili generati dalla gestione delle società idroelettriche vanno annualmente a beneficio di una elite di soggetti adeguatamente scelti e coinvolti all’epoca dei fatti senza procedure di pubblica evidenza, mentre il “popolo” arrancava nell’ignoranza per pagare la bolletta energetica. Il Consiglio provinciale si espresse su questo argomento, impegnando la giunta provinciale a promuovere la costituzione di una public company. Nulla è stato fatto, con buona pace dei cittadini “ignoranti” e dei media che, anche stavolta, hanno deciso di non “disturbare”. Per non parlare poi di alcune operazioni di sviluppo turistico, da Tremalzo alla Panarotta, da Pinzolo a Folgaria, operazioni decise a tavolino nell’interesse di pochi ma vendute come interesse collettivo, quando però di collettivo c’è solo il costo. Tirando in ballo l’attenuante della “mobilità alternativa”, soluzione tecnica per aggirare le direttive comunitarie in tema di tutela dell’ambiente e di libera concorrenza.

E’ giunto dunque il momento di proporre qualcosa di nuovo, perché il sistema, così com’è, non può andare più bene. O meglio, non può andare più bene a chi sente pulsare nel petto un minimo battito di senso democratico.

Anche per questo motivo ho chiesto ad Alex, ad Alessio ed a Paolo – tra i primi – di darmi una mano per proporre all’aula del Consiglio provinciale di Trento, il “parlamentino” della nostra Autonomia, qualcosa di innovativo prima della fine di questa legislatura. Ci potevo arrivare prima? Senz’altro. Ma avrei potuto anche non arrivarci mai! (E dunque, stante la regola del bicchiere, questa potrebbe essere la scusa del “bicchiere mezzo pieno”).

Credo che solo lo “spirito cooperativo”, la condivisione di un percorso, l’elaborazione di una proposta insieme così come insieme si crea l’opera chiamata democrazia possano essere il metodo più corretto per avviare un percorso foriero di novità, di crescita personale e collettiva. Lungo il sentiero contiamo di incontrare molti cittadini, di quelli che sono già consapevoli di non essere sudditi e di quelli che non vogliono più esserlo. Di quelli che vogliono cambiare le istituzioni, ma non distruggerle perché sanno che al posto delle istituzioni sia pure “democratiche in modo parziale” possono sempre emergere sistemi e regimi tutt’altro che democratici. Certo nel momento attuale, complice anche la crisi economica, i cittadini si sentono veramente tagliati fuori, demotivati, vedono che le cose cambiano come nel “Gattopardo”….una situazione di disagio vissuta in termini ancor più forti dalle giovani generazioni.

“Power to the people!” scandivano gli slogan del secolo scorso. Un po’ di strada è stata fatta, molta ne resta da fare ed anche il Trentino, piccola terra tra i monti, può portare il proprio contributo. Terra di monti e di montanari che spesso si sono dimenticati di esserlo o di esserlo stati. Ed in montanari di tutto il mondo, in particolare gli svizzeri che sono un esempio virtuoso di democrazia partecipativa, sanno bene che da soli non si va da nessuna parte.

Se l’Autonomia speciale ha ancora senso, lo si dimostri non solo con una migliore capacità di gestione dei bilanci pubblici, ma pure con l’impegno a modernizzare ed innovare i rapporti tra i cittadini e le istituzioni. La nostra Autonomia, un bene preziosissimo, non ha bisogno solo delle “gesta eroiche” di un leader, bensì della consapevolezza e dell’azione di un intero popolo, stante il “capitale sociale” qui presente ed il patrimonio di solidarietà ed impegno civico qui stratificati per generazioni. Un impegno da manifestare anche attraverso la partecipazione attiva al dibattito che abbiamo aperto in Internet (con il blog, il forum attivo ed il profilo Facebook), che contemporaneamente scenderà nelle “piazze reali” e che potrà consentire a tutti, in completa libertà, di esprimere idee e proposte, che convergeranno in un nuovo disegno di legge di iniziativa popolare in materia di democrazia diretta e partecipata, per un Trentino ed un’Italia migliori!



Visita il sito www.robertobombarda.it



© Roberto Bombarda
Gruppo Consiliare Regionale